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Donne e politica 

Mario Scelzo Ansa - Riccardo Antimiani
Pubblicato il 31-07-2021

Il primo Ministro fu Tina Anselmi

Il 29 luglio del 1976 ha avuto luogo il giuramento del terzo Governo Andreotti, anche detto “Governo della non sfiducia”, in quanto partito grazie all’astensione del Partito Comunista. Anni difficili, di lotte e tensioni, vissuti con la minaccia del terrorismo, ma anche tempi di prove di collaborazione tra le forze politiche, coi due grandi avversari (la Democrazia Cristiana ed il Partito Comunista) che cercano di dialogare per il bene del Paese.

In questo particolare contesto storico, avviene una scelta davvero importante, un punto di svolta per le generazioni a venire: Tina Anselmi, democristiana, ex partigiana, viene nominata Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, prima donna nella Storia Repubblicana a ricoprire una così importante carica istituzionale. Pochi anni dopo, esattamente il 20 giugno del 1979, la leader comunista Nilde Iotti diventerà la prima donna Presidente della Camera dei Deputati.

Utile ricordare che il suffragio femminile, è una conquista recente della nostra storia. Il 30 gennaio del 1945, con l’Europa ancora impegnata nella Seconda Guerra Mondiale e il Nord Italia occupato dai tedeschi, durante una riunione del Consiglio dei ministri si discute del tema su proposta di Palmiro Togliatti (Partito Comunista) e Alcide De Gasperi (Democrazia Cristiana). Non tutti sono favorevoli, ma la questione viene, però, trattata come qualcosa di ormai «inevitabile», visti i tempi. Il 1 febbraio 1945 vien così emanato il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 che conferisce il diritto di voto alle italiane con più di 21 anni. Le donne votano per la prima volta il 2 giugno del 1946, in occasione del referendum istituzionale monarchia-repubblica.

Come si presenta oggi la situazione della partecipazione femminile alla vita politico- istituzionale del Paese? I primi tentativi di aumentare il numero di donne in cariche elettive furono nel 1993, quando il Governo Amato I introdusse nelle elezioni locali e nazionali le quote di genere; dopo varie vicessitudini, con pronunciamenti anche della Corte Costituzionale, la norma viene codificata nel 2012 ed, al momento, le quote vengono applicate a tutti i livelli: dalle elezioni comunali alle europee, in forme quali preferenze alternate nelle liste e proporzione tra i due sessi pari almeno al 40:60 nelle liste e nei collegi uninominali.

Attualmente le donne in Italia rappresentano oltre la metà della popolazione, ciononostante occupano solo un terzo delle cariche politiche nazionali e meno di un quinto di quelle locali. Guardando ai dati, è possibile osservare come la rappresentanza femminile sia aumentata. Attualmente, circa il 36% degli scranni del Parlamento sono occupati da donne, mentre nel 1994 erano soltanto il 13%. La rappresentanza locale ha invece attraversato un periodo di maggiore inclusione delle donne a tutti i livelli: comunale, provinciale e regionale. Se le amministratrici comunali erano soltanto il 6,5% nel 1989, ora sono circa il 33%.

Le note dolenti. Se guardiamo all’orizzonte europeo, con Urula Von der Leyen alla Presidenza della Commissione Europea, Angela Merkel più volte cancelliera in Germania, in Finlandia la Prima Ministra Sante Marin, brillante 34enne premier (da noi già fece scandalo la giovane età di Matteo Renzi, premier all’età di 39 anni, mentre l’età media dei premier era ben oltre la media dei 60 anni), ecco in Italia non abbiamo mai avuto né una Presidente del Consiglio né una Presidente della Repubblica di sesso femminile.

La questione femminile è probabilmente più sentita a livello di amministrazioni comunali, si pensi a Virginia Raggi a Roma oppure a Chiara Appendino a Torino, eppure anche qui siamo in ritardo rispetto ad una vera parità di genere: Nei 3825 Comuni italiani in cui si è votato quest’anno (circa la metà del totale), infatti, le donne elette alla carica di sindaco sono state 628, ossia il 16,4% del totale. Parliamo ora di incarichi ministeriali. Gli ultimi governi in carica hanno una media di presenze femminili di circa il 30% del totale. Il record è del Conte Bis, col 34% di presenze, mentre il saldo peggiore è del Conte 1 col 17%.

Il Governo Draghi viaggia nella media degli ultimi anni, con 8 presenze femminili su 23 ministeri, va però detto che abbiamo donne in ministeri di peso, si pensi alla Lamorgese al Viminale, la Carfagna alle politiche per il Sud ed appunto alla Cartabia alla Giustizia. La strada per una parità completa è ancora in salita, ma indubbiamente sono stati fatti molti passi avanti.

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